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Questa categoria contiene siti in italiano il cui argomento riguarda la lingua e i dialetti occitani (o provenzali).

Tipologia linguistica: indoeuropeo, gruppo neolatino. La denominazione "occitano" o "occitanico", di tradizione dotta, individua le parlate della Francia meridionale, frammentate in una serie di sottovarietà regionali, nelle quali si espresse durante il medio evo una tradizione letteraria (scuola trobadorica o cortese) successivamente esauritasi col progressivo venir meno delle condizioni socio-politiche che ne avevano favorito la fioritura. Regredite a livello di parlate dialettali per la pressione del francese a partire dal sec. XIV, le varietà occitaniche conobbero nel sec. XIX un rinascimento culturale, non esente da istanze politiche di impronta regionalista, grazie in particolare al movimento poetico dei félibres, il cui esponente più noto, Frédéri Mistral, conseguì nel 1904 il premio Nobel per la letteratura. Le varietà occitane sono in Francia riconosciute come lingua minoritaria e godono di forme minime di tutela in rapporto alle leggi nazionali in materia. Una varietà di tipo guascone, l’Aranese, parlata in Spagna da 5000 persone in una valle pirenaica dipendente dalla regione autonoma catalana, è l’unico dialetto occitano dotato di prerogative di ufficialità (accanto allo spagnolo e al catalano) nel suo territorio storico di diffusione.

Diffusione in Italia: i dialetti occitani parlati in Italia appartengono alla sottovarietà alpina del tipo provenzale; diffusi in diverse valli cisalpine delle province di Cuneo e di Torino, i dialetti occitani sono esposti alla secolare pressione del piemontese, soprattutto nei fondovalle, e risentono naturalmente del duplice prestigio dell’italiano e del francese, tradizionalmente praticato quest’ultimo, come lingua di cultura, presso le comunità di confessione valdese delle valli Pellice e Chisone. Va inoltre sottolineata la difficoltà di individuare la tipologia linguistica di quelle varietà che costituiscono in certo qual modo la transizione verso il tipo piemontese della pianura; la recente presa di coscienza della specificità linguistica occitana (risalente in Italia soltanto agli anni Sessanta), ha generato inoltre non pochi equivoci sul carattere di alcune parlate di tipo schiettamente ligure o piemontese, che per motivi ideologici o di politica culturale sono stati spesso ricondotti a una inesistente matrice occitana: è il caso ad esempio dei dialetti "brigaschi" dell’alta val Tanaro e di Realdo e Verdeggia in provincia di Imperia, e di quello di Olivetta San Michele nell’entroterra di Ventimiglia, mentre una impronta occitana si riscontra effettivamente in alcune parlate delle valli Pesio ed Ellero. Con una certa approssimazione, tenendo anche conto della compresenza spesso massiccia del piemontese, si possono considerare di tipo schiettamente occitano le parlate dei seguenti comuni: in provincia di Cuneo, Limone e Vernante in val Vermenagna, Entraque, Valdieri e Roaschia in val Gesso, Argentera, Pietraporzio, Sambuco, Vinadio, Aisone, Demonte (con forte presenza piemontese nel capoluogo), Moiola, Gaiola, Valloriate e Roccasparvera in val Stura, Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana in val Grana, Acceglio, Prazzo, Elva, Canosio, Marmora, Stroppo, Macra, Celle e Cartignano in val Maira, Pontechianale, Bellino, Casteldelfino, Sampeire, Frassino, Melle e Valamala in val Varaita; in provincia di Torino, Crissolo, Oncino, Ostana e parte dei comuni di Paesana e Sanfront in val Po, Bobbio Pellice, Villar Pellice e Angrogna in val Pellice, Pragelato, Usseaux, Fenestrelle, Roure, Prali, Massello, Salza, Perrero, Pomaretto, Perosa Argentina (tranne il capoluogo), Pinasca (tranne il capoluogo), Inverso Pinasca, San Germano, Pramollo, Prarostino, San Pietro Val Lemina nelle valli Chisone e Germanasca, Chiomonte, Exilles, Salbertrand, Oulx, Sauze d’Oulx, Bardonecchia, Cesana, Claviere, Sauze di Cesana, Sestriere in alta val di Susa. Un dialetto occitano si parla infine a Guardia Piemontese in provincia di Cosenza, ove fu importato nel sec. XV da coloni valdesi.

Considerazioni generali: il concetto unificante di una minoranza e di una coscienza collettiva "occitana" è dato relativamente recente, frutto di una elaborazione teorica prima che di una oggettiva realtà storico-culturale e linguistica; il punto debole del concetto di "Occitania" divulgato dai gruppi militanti nazionalisti risiede essenzialmente, infatti, nella mancanza di una identità comune alle popolazioni e alle regioni che si vorrebbero riunire sotto questa denominazione; storie diverse e tradizioni linguistico-culturali specifiche dividono i Paesi d’Oc e ne fanno, di conseguenza, entità geografiche e antropiche profondamente differenziate tra loro. Il dato emerge con particolare evidenza in relazione ai problemi connessi con l’adozione di uno standard linguistico unificato. L’affermazione del movimento felibristico ha divulgato una lingua letteraria basata sul provenzale della valle del Rodano: si parte cioè dal presupposto di un modello linguistico localizzato, da esportare nel resto del Midi e destinato a convivere con varietà locali spesso molto differenziate tra loro. La scuola "occitanista", al contrario, divulga un modello artificioso di lingua letteraria, basata sul richiamo all’antica koinè trobadorica e sull’utilizzo di una grafia storica estremamente lontana dall’uso parlato nelle varie regioni, ma in grado, secondo i suoi sostenitori, di esprimere al contempo l’unità e la varietà degli idiomi regionali di tipo occitanico. La distinzione tra "provenzale" e "occitano", legata anche a interpretazioni diverse del dettato politico autonomista (gli occitanisti si muovono in genere in senso marcatamente nazionalista, i provenzalisti in senso moderatamente federalista) ha avuto conseguenze sulle prospettive di recupero culturale delle parlate occitaniche in Italia: i gruppi di attivisti e di cultori si dividono infatti tra questi due possibili riferimenti in un dibattito acceso, nel quale la realtà viva (e frazionatissima) delle parlate locali passa spesso in secondo piano rispetto a dispute ideologiche che rischiano di indebolire la credibilità delle iniziative di recupero e di salvaguardia della specificità locale. A Guardia Piemontese, la parlata è da secoli esposta al contatto linguistico con le contermini varietà calabresi, che ne hanno influenzato il lessico e la struttura.

Consistenza numerica: zone sottoposte da decenni a processi di intenso spopolamento, le valli alpine delle province di Cuneo e di Torino sono anche tradizionalmente aperte, come si è visto, a una pratica plurilingue che coinvolge accanto ai dialetti locali il piemontese, l’italiano e il francese. E’ quindi difficile azzardare una stima esatta del numero delle persone di madrelingua occitana. Su una popolazione complessiva di circa 80.000 abitanti, circa la metà dovrebbe avere una conoscenza attiva dei dialetti locali. A Guardia Piemontese, la popolazione di circa 3000 abitanti è lontana da una conoscenza diffusa del dialetto, che risulta comunque discretamente vitale.

Status: in base alle normative di legge, l’occitano è riconosciuto come lingua minoritaria dallo Stato Italiano; le norme di tutela delle minoranze etnico-linguistiche emanate dalle regioni Piemonte e Calabria sono naturalmente estese anche alle parlate occitane.

Utilizzo pubblico: le norme di tutela e valorizzazione a livello regionale e nazionale non hanno finora comportato un utilizzo dell’occitano nelle pratiche amministrative e in altri contesti pubblici, anche se le dizioni locali trovano discreta visibilità in ambiti rappresentativi come la toponomastica. Tra i problemi connessi a un uso più esteso delle varietà occitane, quello di uno standard, o almeno di una grafia unitaria, è al centro, come si è detto, di una serrata discussione.

Educazione: Dagli anni Settanta, le varietà occitane trovano episodico utilizzo nella pratica didattica delle scuole materne ed elementari, su iniziativa di singoli insegnanti e di gruppi di richiedenti. Presso l’Università di Torino, soprattutto in seno al progetto di Atlante Linguistico-Etnografico del Piemonte Occidentale si è sviluppata d tempo la ricerca scientifica e la riflessione sulle parlate occitane.

Media: mentre va sottolineata una discreta produzione letteraria e pubblicistica, facente capo in gran parte ai gruppi culturali e militanti impegnati nella tutela e nella valorizzazione delle parlate locali (Coumboscuro, Ousitanìo Vivo, Valados Usitanos ecc.) l’occitano non trova spazio, se non in maniera del tutto occasionale, nelle trasmissioni radiofoniche e televisive a carattere locale.

[tratto da: CIP - Minoranze linguistiche tutelate dalla legge 482/1999]

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